domenica 14 luglio 2013

La Presidente della Camera Boldrini in Calabria

In viaggio verso Rosarno per incontrare le sindache minacciate dalla ‘ndrangheta e i cittadini della Piana di Gioia Tauro che chiedono lavoro e sostegno: così scriveva Boldrini commentando questa foto postata sul suo profilo di facebook.
 
Sono venuta a Rosarno perchè invitata dal sindaco, Elisabetta Tripodi, e dalla sua collega di Monasterace, Maria Carmela Lanzetta, che, quando mi hanno invitato, non hanno posto l'accento sulle minacce e sugli attentati che hanno subito, ma mi hanno solo chiesto attenzione per il loro territorio. Non voglio entrare nel merito della di Mria C. Lanzetta, per la quale tutti siamo tenuti al massimo rispetto. Quanto è accaduto, però, dimostra come sia complesso amministrare questa terra bellissima e difficile e quanto sia arduo mantenere la schiena dritta qui più che altrove e non essere lasciati soli. Quanto è accaduto di recente al sindaco di Nicotera, Francesco Pagano, contro l'abitazione del quale sono state sparate alcune raffiche di kalashnikov mi ricorda le scene cui ho assistito in passato nelle zone di guerra, in Paesi cioè che non riconoscono lo Stato di diritto. Non si può chiedere ai cittadini di essere eroi in un territorio in cui la presenza invasiva ed asfissiante della criminalità organizzata è un’autentica lesione dei diritti umani. Chi vive qui è un cittadino a libertà limitata. I problemi già gravi della Calabria sono resi più complessi dalla presenza della 'ndrangheta. So che nella regione, ed in particolare a Rosarno, molto è stato fatto dalla magistratura e dalle forze dell'ordine, ma sono consapevole che le azioni repressive da sole non basteranno mai senza una svolta culturale. 
Mi ha sempre colpito che in Calabria i quotidiani nazionali non hanno redazioni. Chi è esposto, invece, sono i cronisti locali, che mettono a repentaglio la loro vita per accendere i riflettori sulla regione. In questo senso è significativo il fatto che su quanto è accaduto al sindaco di Nicotera non ho trovato mezza riga sui giornali nazionali. 
La politica, in materia d’immigrazione, dovrebbe riflettere sulle parole di papa Francesco, che a Lampedusa ha parlato della nostra incapacità di piangere e di assumerci le nostre responsabilità. La politica dovrebbe anche uscire dalle contrapposizioni ideologiche, dal populismo e dall'utilizzo strumentale della materie migratorie, che devono essere governate con lucidità. Non si può non riconoscere che anche sul tema dell'emergenza immigrazione la politica ha avuto e continua ad avere responsabilità. Non è accettabile l'improvvisazione, né lasciare che i migranti vivano in condizioni disumane. Così come non è accettabile che i sindaci ed i cittadini della Piana di Gioia Tauro siano lasciati soli quando si occupano di immigrazione. Lo stesso atteggiamento di indifferenza che c'è stato nei confronti dei migranti è stato riservato ai giovani calabresi vittime della crisi economica e che sono facile preda della 'ndrangheta.
Proprio ieri la Commissione Giustizia della Camera ha approvato all'unanimità la riforma della norma sul voto di scambio, per la quale si è tanto battuto don Luigi Ciotti. Ci auguriamo che anche l'Aula dia lo stesso segnale.
Nella riforma, che lunedì arriverà in Aula si stabilisce che, perché si configuri il voto di scambio politico-mafioso non sia necessaria una dazione di denaro, ma anche ogni altra utilità. Sempre alla Camera sono state presentate due proposte di legge in tema di confisca di beni. La Camera ha già approvato, inoltre, l'istituzione anche in questa legislatura della Commissione antimafia. Questo per mettervi al corrente dei provvedimenti in tema di lotta alla mafia che sono all'esame della Camera. In un'economia debole come quella calabrese la criminalità organizzata ha mano libera. Contro questa tendenza bisogna rendere ancora più efficaci alcuni strumenti legislativi.
Non lasciamo sole le donne appartenenti a famiglie di 'ndrangheta che si sono pentite.
La Calabria ha visto nascere una primavera femminile che va sostenuta. Vanno valorizzati, dunque, i percorsi di chi ha dimostrato un grande coraggio decidendo di collaborare con la giustizia, pur provenendo da potenti famiglie mafiose.
(Laura Boldrini, 12 luglio 2013)

Così ha scritto infine, Boldrini, a conclusione della sua vista: 
oggi a Rosarno ho incontrato tanti uomini e donne coraggiosi, che hanno detto no alla ‘ndrangheta e per questo hanno dovuto rinunciare a buona parte della loro libertà. Non è pensabile che ciò che accade in Calabria passi quasi sempre sotto silenzio.. e intanto sparano 30 colpi di kalashnikov contro la casa di un sindaco, 44 contro i capannoni di un imprenditore.  Ma questa è anche la terra di sindache coraggiose e minacciate dalla ‘ndrangheta, come Elisabetta Tripodi a Rosarno, o di donne appartenenti a famiglie mafiose che si sono ribellate e ora collaborano con la giustizia, come Giusy Pesce. Era calabrese anche Lea Garofalo, uccisa a furia di botte e bruciata viva per aver collaborato, o Maria Concetta Cacciola che si è tolta la vita in seguito ai maltrattamenti subiti dalla madre, dal padre e dal fratello. Anche lei aveva collaborato con le forze dell’ordine. Insomma, qui in Calabria c’è una primavera tutta al femminile. A chi mi dice che è una primavera timida, rispondo: quale primavera non lo è? E comunque, incoraggiamole queste primavere. Tutto questo fa bene alla Calabria e all’Italia. E le istituzioni hanno il dovere di sostenere questi percorsi.
Boldrini ha anche ricordato la forte componente sessista che c'è nelle minacce alle donne sindache: "perché per un certo tipo di mentalità - come quella mafiosa - intimidire una donna è più facile. Ma non è vero. A loro voglio dimostrare vicinanza sia come donna sia come Presidente della Camera".

giovedì 11 luglio 2013

Solidarietà a Maria Carmela Lanzetta


Così la (ormai ex) sindaca di Monesterace: sarei pronta a ritirare le mie dimissioni se qualcuno fosse disposto a venire a fare l'assessore all'Urbanistica con me. Anche solo per un anno
Ma chi, nel rispondere, passerà dalla 'solidarietà' ai fatti? Ecco le ultime dichiarazioni su quelle dimissioni: 
Ora basta, non ce la faccio più. Sono stanca e delusa. Delusa dalla politica, da chi potrebbe fare molto e pensa solo alle strategie invece che ai problemi della gente. Non si può andare avanti così, schiacciati tra le parole vuote delle istituzioni e la 'ndrangheta. Dico basta perché sono profondamente delusa. Non ce la faccio più. Non si può amministrare in queste condizioni. Il Comune in dissesto finanziario, una burocrazia inadeguata, i tagli continui, al punto che anche cambiare una lampadina diventa un'opera titanica. E tutto questo a rischio della pelle. Cosa mi ha deluso di più? La politica innanzi tutto. Quando spararono alla mia macchina - l'anno prima mi avevano bruciato la farmacia - la politica ha fatto a gara per starmi vicino. È stata una cosa bella, ma io non chiedevo solo solidarietà, chiedevo che qualcuno si occupasse dei problemi dei piccoli comuni di frontiera. Non parlo solo di Monasterace, parlo di tutti. Chiedevo un aiuto alle realtà locali. Personale adeguato, sostegno tecnico. Invece niente. Nessuno che si sia occupato di noi. La politica ètroppo concentrata sulle grandi strategie, ma della gente? Dei problemi reali degli amministratori? Chi si occupa di questo? NESSUNO. Neppure la sinistra di cui faccio parte. La politica è avviluppata su se stessa. Lo scorso anno mi ero dimessa dopo l'ennesima intimidazione e poi cambiai idea. Stavolta non torno in dietro. Lo scorso anno non fu Bersani a convincermi, né la solidarietà di molti. Mi convinsi durante una riunione in Prefettura. Sentivo di essere un pezzo dello Stato a Monasterace. E non volevo deludere. Restai per senso di responsabilità. Ma non avrei voluto essere un sindaco speciale. Avrei voluto essere un sindaco normale, che fa cose semplici per la sua gente. Che amministra bene rispondendo a bisogni essenziali. Invece non è stato possibile, come non lo è per molti sindaci italiani che fanno gratis questo lavoro. Non ho mai preso un soldo dal Comune: con le retribuzioni ho pagato gruppi musicali, ho comprato le illuminazioni per Natale. E anche i soldi che mi dovranno essere liquidati da gennaio ad oggi ho chiesto che siano lasciati all'Ufficio tecnico. Io non voglio e non volevo niente. Solo una cosa: essere un sindaco normale. E credo che sia il minimo, visto che assieme a molti amministratori locali in Calabria, si rischia la vita. (Maria Carmela Lanzetta)

mercoledì 10 luglio 2013

Cara Boldrini, devo lasciare: Maria Carmela Lanzetta scrive alla Presidente della Camera

Il giorno 12 luglio l’Amministrazione Comunale di Monasterace avrebbe avuto il grandissimo privilegio di ricevere la Presidente Boldrini per un incontro con i Cittadini del Comune e del Comprensorio locrideo. Purtroppo si è verificata una circostanza amministrativa inattesa che mi costringe a rassegnare le dimissioni dalla carica di Sindaco. 
Dimissioni di cui ho informato l’Ufficio Stampa della Presidenza per correttezza istituzionale. Ho avuto il piacere e l’onore di essere ricevuta  dalla Presidente alla Camera dei Deputati, insieme ai Sindaci Elisabetta Tripodi e Gianni Speranza. Nell’occasione abbiamo  potuto esprimere le preoccupazioni per le difficoltà finanziarie che incontrano i Sindaci dei piccoli Comuni anche per le intimidazioni che subiscono e, soprattutto, per le condizioni disagiate del lavoro in Calabria che riguarda gli uomini, le donne e i giovani calabresi. In particolare ho potuto e voluto esprimere le condizioni difficili che stanno attraversando  le lavoratrici delle serre floro-vivaistiche, i cui terreni sono stati concessi con diritto di superficie  per 66 anni dal Comune di Monasterace  ad aziende private. Preoccupazioni che legano in maniera indissolubile Lavoro/Donne/Legalità/Rispetto delle Regole.
Di questo avremmo parlato con la Presidente il 12 luglio presso il giardino del Museo Archeologico. A tale discussione sarebbero intervenuti  donne dei sindacati, della confcommercio Calabria, delle cooperative sociali, del giornalismo, dell’Imprenditoria della Locride, delle Serre di Monasterace, dei precari della   pubblica amministrazione e del sociale; con inviti rivolti anche a uomini e donne delle istituzioni  e della chiesa.
Rinunciare  a questo incontro, già in fase organizzativa  avanzata, è per me una vera  sofferenza umana e amministrativa; ma l’esigenza di non derogare alla coerenza personale di valutazioni istituzionali  indirizzate a tenere la schiena dritta  per tutelare  il  nome  del mio Comune e della mia Amministrazione, mi hanno convinta a fare una  scelta dolorosa ma necessaria, di cui Lei, gentile Presidente, sono sicura capirà le ragioni.
Sono le ragioni dei principi che stanno alla base della mia esistenza umana, professionale e amministrativa: lavoro, giustizia sociale, cultura e rispetto dell’uomo e della donna in quanto tali. Principi che ho appreso dai miei genitori e da molti uomini e donne che hanno sacrificato  sacrificati la loro vita   per rispettare i principi su cui avevano fondato la loro esistenza. Purtroppo queste scelte, quando non vengono comprese, conducono anche a perdere le amicizie di una vita e al peso della solitudine, ma sono il pilastro su cui è possibile poggiarsi  per conservare la Libertà del proprio agire umano e amministrativo.
L’Italia è stata ed è ricca di figure che hanno illuminato e illuminano  la sua Storia. E’ necessario una svolta profonda, che è soprattutto culturale, per valorizzare le tantissime Persone coerenti, coraggiose e solidali che operano spesso e volentieri mettendo in gioco se stessi, in termini di impegno civile e, a volte,  anche economico, per raggiungere l’obiettivo del Bene Comune.
Grazie ancora Presidente. Spero comunque  di poterLa incontrare al più presto.
Maria C. Lanzetta, Sindaco di Monasterace
9 luglio 2013